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Ovazione appena si presenta in sala, l’altoparlante ha appena finito di passare uno struggente Lou Reed. Perfect day, è la canzone. Massimo D’Alema, dunque.La folla che si assiepa sembra – come sempre – aspettarsi una serie indefinita di stoccate, in un climax che conduca all’acclamazione popolare, alla rivelazione che ti faccia uscire dal torpore. Applausi prima che inizi l’intervista, anche solo per l’annuncio che tra una mezz’ora parlerà.Appena sale sul palco, accompagnato da Giovanni Floris, tutti in piedi. Bene. Uno a zero e palla al centro, si direbbe se ci fosse uno scontro, una contesa, una qualche partita da vincere.Massimo D’Alema è l’uomo della battaglia. E di più: dove c’è lui si sospetta sempre che ci sia una schermaglia, un conflitto.La gente –il ‘popolo’ come evocherà più volte nella serata– gli riconosce il coraggio delle idee. Prima di salire sul palco, D’Alema ha fatto il giro della festa. Antica abitudine che qualcuno sembrava voler mettere in soffitta. E invece la prima battuta dell’intervista insiste proprio qui: “in giro mi dicono solo una cosa: diamoci una mossa”. E giù con gli applausi.
Inizia l’intervista: Berlusconi che “finge di governare”, l’anomalia italiana che persiste, i tagli scellerati del governo. Nella prima mezz’ora la platea ascolta sospettosa. Non ha il piglio della guerra, il comandante. Non è neanche un comandante, lo dice lui: “sono un soldato semplice. Si può combattere dalla prima fila anche così, senza galloni sulla divisa”. Chi si aspettava l’epifania, sarà rimasto deluso.
Seconda mezz’ora, si inizia a fare sul serio. Alitalia: “Berlusconi ha creato un recinto protetto dal mercato, troppo facile fare gli imprenditori così. Si è usata la forza del governo per garantire i poteri forti”. Scuola: “fa ridere la discussione sul voto in condotta. La vera riforma della scuola l’hanno fatta con un taglio di 3 milardi”. Sicurezza e ‘monnezza': “cos’hanno fatto: si sono limitati, ad applicare i decreti del governo Prodi e poi hanno condito tutto con un’operazione falsificatoria, di pura immagine: mandano trenta soldati a spasso per le città e ci dicono che siamo più sicuri”. Giustizia: “il premier si arrabbia quando la giustizia funziona, i cittadini quando non funziona”. Manca ancora qualcosa. Floris prova a scavare. Il Pd, le correnti, le fondazioni. D’Alema rivendica il ruolo di chi “lavora per le idee”, affianca il partito e prova a dotarlo di sostanza politca e del dibattito corrente sì, corrente no, dice che “francamente è di un livello infimo”. L’ex ministro degli Esteri sembra a proprio agio nel ruolo che si è ritagliato, qualcosa a metà strada tra il padre nobile e l’intellettuale di riferimento.
È un bluff? D’Alema si dice pronto a “dare una mano”, ad avere un ruolo di aiuto fattivo alla costruzione di questo partito. Sì, perché ha le idee chiare su come dovrebbe essere questo Pd: tessere, radicato fra il popolo, a vocazione maggioritaria ma non solitario, strutturato quanto basta per costruire un vero rapporto con il popolo. Ecco D’Alema, finalmente. E adesso via, senza banalità, sui terreni che gli sono propri. Immigrazione: “dobbiamo avere il coraggio di essere più aperti all’immigrazione legale, perché una politica umana crea più sicurezza. Il voto è necessario: gli stranieri sono i lavoratori manuali di questo Paese. Che democrazia è quella in cui non votano i lavoratori?”. Per poi concludere, citando l’ultimo Clinton, quello di Denver che sostiene Obama:“l’Occidente deve utilizzare la potenza del proprio esempio, più che l’esempio della propria potenza”.Poi satira pura su Putin (“un uomo di poche parole, sarà per la vecchia professione”) , frecciate a Di Pietro (“perché era il nostro unico alleato? Questa la lasciamo all’interlocutore che arriverà tra qualche giorno”), applausi e via andare. Sì, quasi un perfect day.
di Alessandro Giovannellitratto da http://www.festademocratica.it